
Raccontare l’adozione a un figlio: tre domande per riflettere sulla tua narrazione
Nelle storie che ascoltiamo, in quelle che leggiamo, in quelle che abbiamo amato e in quelle che abbiamo dimenticato, nelle storie che ci hanno lasciato un senso di fastidio o di soddisfazione, è stato spesso il narratore a fare la differenza.
Il più delle volte, infatti, il punto di vista del narratore, il suo stile, le sue scelte determinano l’impatto che la storia avrà nel nostro immaginario e nella nostra memoria.
Il punto di vista di chi racconta inoltre influenza le future evoluzioni della narrazione: è chi narra che implicitamente conferisce staticità o dinamicità agli eventi, lascia aperte possibilità, rende plausibile l’evoluzione dei personaggi, disegna una trama chiusa e compiuta o aperta e generativa di possibilità.
Per questo motivo essere consapevoli del punto di vista e delle modalità che utilizziamo quando raccontiamo gli eventi è di fondamentale importanza per renderci conto delle emozioni che trasmettiamo e del senso profondo che la nostra narrazione trasmette.
Emozioni e senso dovrebbero essere l’impalcatura di ogni storia adottiva e sebbene l’attenzione dei genitori che adottano sia spesso focalizzata sui fatti( soprattutto quando sono pochi e confusi o dolorosi e difficili da raccontare), è importante anche ricordarci del potere che come narratori abbiamo di produrre emozioni e conferire significato alle storie.
Torno ancora una volta pertanto sul tema del raccontare la storia adottiva proponendoti alcuni spunti per riflettere sulla tua narrazione
I NARRATORI FANNO I PERSONAGGI E I PERSONAGGI FANNO LE STORIE.
Per l’evoluzione di una storia gli eventi sono sicuramente importanti ma non sono quasi mai determinanti; a fare la differenza invece ci sono sempre le persone e le loro caratteristiche. Il carattere dei personaggi, il modo in cui affrontano gli eventi, trovano soluzioni, vivono le emozioni è quasi sempre la parte più avvincente.
La domanda che puoi farti allora è: che caratteristiche hanno i protagonisti della mia storia? ( mio figlio, io, il mio partner o la mia partner, i genitori biologici, eventuali fratelli, nonni, zii, operatori sociali, etc)? Quali sono le loro risorse? Quali i punti di forza? Nella narrazione riservo loro sufficiente spazio? Come li descrivo?
Ricordati che le persone (e quindi anche tuo figlio/a) amano generalmente identificarsi con i personaggi delle storie e con le caratteristiche positive che vengono loro attribuite e tendono a emularle o a prenderle come punto di riferimento. Attraverso i personaggi riusciamo a vivere e a elaborare anche nostre emozioni dolorose, semplicemente osservando come altre persone hanno affrontato e superato le loro.
IL SENSO E’ CIÒ CHE PERMETTE DI TRASFORMARE LE VITE IN STORIE.
Non sono quasi mai le informazioni (o la mancanza di esse) ad essere fonte di difficoltà quanto piuttosto l’incapacità di comprendere e dare una spiegazione a eventi o fatti. La mancanza di significato è quanto di più angoscioso una persona possa sopportare. Per questo raccontiamo storie.
Chi viene adottato si confronta tutta la vita con il bisogno di dare un significato alla sua esperienza: Perché è successo? Perché proprio questo? Perché proprio a me?
Una buona storia dovrebbe provare in qualche modo a rispondere anche queste domande, offrendo un esempio di costruzione di senso. Si tratta ovviamente del senso costruito dalla coppia (che nella maggior parte dei casi si è trovata a rispondere agli stessi interrogativi) ma quanto più questo significato si trasferisce nel racconto tanto più un figlio sarà portato a fare lo stesso come narratore della sua storia.
Costruire senso ci protegge dal vuoto e ci conferisce una posizione attiva di fronte alla realtà ed anche questa è una competenza che si può trasmettere
LE STORIE PARLANO DEL PASSATO MA DEVONO AIUTARCI AD IMMAGINARE IL FUTURO
Nelle storie adottive generalmente i genitori riservano grande spazio alla narrazione del periodo dell’attesa, al racconto di quanto hanno desiderato l’incontro con il proprio figlio e alla strada che hanno percorso per arrivare alla creazione della famiglia.
I bambini amano sapere di essere stati desiderati e vogliono conoscere la storia che li ha portati da mamma e papà, ma adorano anche conoscere quello che succederà nel futuro.
Non è raro che, quando si raccontano le favole, i bambini vogliano andare oltre la sintetica frase del vissero “felici e contenti” e sapere il seguito della vita dei personaggi.
Poiché spesso soprattutto i più piccoli, amano farsi raccontare più e più volte la loro storia adottiva, può essere utile non fermarsi all’arrivo in famiglia ma valorizzare nella narrazione tutti quegli aspetti che possono aiutare il bambino ad avere una visione positiva del futuro, fornendo anche degli elementi che aiutino ad immaginarlo.
Quali sono le cose belle che fai oggi insieme a tuo figlio e che puoi continuare a fare domani? Quali sono le prossime tappe importanti nella vita di tuo figlio? L’inizio della scuola, uno sport, l’acquisizione di un’abilità (scrivere, leggere, dormire da solo), tutto può essere anticipato nella narrazione come qualcosa di bello che presto arriverà.
Prefigurare il futuro può creare cornici positive che non solo rassicurano ma anticipando le emozioni positive, rendono più bello il presente.
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