
Hai un figlio preadolescente? Cinque cose che devi sapere
La preadolescenza è una fase del ciclo di vita collocabile tra i dieci e i quattordici anni, che coincide con la pubertà.
Questa definizione, tuttavia, è orientativa perché spesso, soprattutto nel caso delle bambine, l’ingresso nella preadolescenza può avvenire anche prima.
Se chiedessimo ad un genitore che cosa è la preadolescenza probabilmente ci risponderebbe che è quella fase in cui il proprio figlio diventa irriconoscibile: comportamenti, atteggiamenti, frasi, abitudini cambiano e sembra di avere in casa un alieno venuto da Marte.
Se chiedessimo, invece, ad un ragazzo che cosa è la preadolescenza ci direbbe che è quella fase in cui i genitori diventano insopportabili: quello che mamma e papà dicono, i divieti che mettono, le regole che pretendono di far seguire sono ostacoli che impediscono l’esercizio di un’agognata libertà.
Il minimo comune denominatore tra queste due posizioni è che, sia per i genitori che per i figli, la preadolescenza è faticosissima: è richiesta una grande quantità di energia, sia fisica che mentale, per far fronte alle sfide, alle richieste, alle negoziazioni, ai compiti evolutivi tipici di questo periodo
La preadolescenza precede l’adolescenza e se ne differenzia.
Nell’adolescenza i ragazzi scompaiono: i loro interessi si spostano fuori casa, l’esterno diventa il luogo più desiderato mentre le mura familiari sono sempre meno abitate. Aumentano i comportamenti di chiusura e isolamento nei confronti dei genitori.
La preadolescenza è diversa: inizia da parte dei ragazzi la ricerca dell’autonomia e contemporaneamente iniziano gli scontri con mamma e papà. La casa si trasforma in un piccolo ring: discussioni, negoziazioni, scenate di rabbia, provocazioni. In tutto questo c’è un aspetto positivo che un genitore non deve ignorare: il figlio è ancora presente e, seppur faticosamente e in modo tumultuoso, ricerca la relazione.
È per questo che la preadolescenza è il momento propizio per stare accanto ai ragazzi, aiutandoli a sviluppare una serie di risorse e capacità che li aiuteranno a percorrere la strada verso l’età adulta.
Stare accanto ad un preadolescente richiede un cambio di mentalità.
Nell’infanzia il compito principale di un genitore è legato alla cura e alla protezione. A partire da una certa età a questo a compito ne va affiancato un altro: promuovere la separazione e incentivare l’autonomia in ambiti sempre più ampi.
Questo richiede ai genitori di cambiare sguardo e cominciare a vedere il proprio figlio non più come un pulcino da proteggere ma come un tigrotto da allenare alla vita.
Emotivamente è un passaggio complesso e non sempre indolore: significa sapere osservare il proprio figlio che prova, sbaglia, fallisce, soffre e riuscire a non intervenire, lasciandogli sperimentare la responsabilità che ogni nuovo potere di azione comporta.
Se hai stabilito, ad esempio, che la gestione dei compiti a casa è in capo a tuo figlio, le eventuali dimenticanze saranno una sua esclusiva responsabilità. Questo vuol dire riuscire a sopportare che tuo figlio vada a scuola impreparato o senza aver finito i compiti, sperimentando in prima persona le conseguenze delle sue azioni.
Ricordati che attribuire potere a tuo figlio senza dargli anche la responsabilità che l’esercizio del potere comporta, significa farlo vivere nel privilegio e soprattutto rimandargli un’immagine falsata di quella che è la vita.
Saper giocare al “tiro alla fune” è una competenza da sviluppare per stare accanto a un figlio.
Come spiega molto bene il medico e psicoterapeuta Alberto Pellai, che ha dedicato numerosi libri alla preadolescenza, favorire l’autonomia di un figlio significa giocare con lui al “tiro alla fune”. In questo gioco ogni squadra tira dalla propria parte e vince chi riesce a guadagnare terreno. Tu e tuo figlio per la prima volta siete in squadre differenti e il tuo compito è quello di calibrare bene la forza in questo gioco.
Devi lasciargli un po’ di terreno, devi fargli guadagnare qualche passo, deve sentire che può gestire un po’ di potere. Allo stesso tempo non puoi lasciare andare completamente la corda perché a questa età tuo figlio non è ancora libero di gestire spazi di autonomia sconfinati e deve sentire che la cornice delle regole viene definita ancora da te.
Devi evitare, tuttavia, anche il comportamento opposto e cioè quello di tirare la fune troppo forte e non concedere nessuno spazio. I rischi che corri in quest’ultima ipotesi sono due: potresti iniziare una lotta simmetrica e crescente che porta tuo figlio a tirare ancora più forte sino rompere con te o a chiudersi nel suo risentimento e nella sua rabbia; oppure, al contrario, tuo figlio potrebbe perdere fiducia in sé stesso e smettere di tirare, aderendo alle tue condizioni e alle tue regole. In questi casi spesso la ribellione viene sedata solo apparentemente e risulta invece posticipata in fasi più avanzate del ciclo di vita, in cui diventa altamente disfunzionale.
La preadolescenza ha bisogno di modelli autorevoli: coltiva la calma.
Ciò che fa la differenza e che consente ad un genitore di rimanere punto di riferimento nelle turbolenze e nelle ribellioni, che accompagnano la crescita di un figlio, è la sua autorevolezza.
L’autorevolezza dipende da una molteplicità di fattori ma tra tutti la capacità di mantenere la calma e non perdere il controllo è fondamentale.
In preadolescenza i ragazzi vivono sulle montagne russe: cambiano umore continuamente, passano velocemente dalla rabbia alla tristezza e, soprattutto, “sentono” più che pensare. Il loro cervello emotivo è nella fase del massimo sviluppo mentre la parte cognitiva ancora non è pienamente matura.
In questa fase i genitori devono saper contenere quelle emozioni che i ragazzi fanno fatica a gestire.
Questo vuol dire sapere essere fermi e, se serve, inflessibili senza cedere alle provocazioni e senza farsi trascinare dagli atteggiamenti sopra le righe dei propri figli.
Se ti capita spesso di urlare, di fare scenate, di perdere le staffe ti consiglio di provare a modificare questo tuo comportamento.
Prova a concentrarti sul tono della voce, la sua modulazione infatti è un potente regolatore emotivo. Se eviti di cedere all’abitudine di urlare, col tempo ti sentirai sempre più sicuro e meno in balia delle emozioni.
Se, invece, rimanere calmo è per te difficile, abbandona il campo non appena senti che la tua pazienza è arrivata al limite. Puoi dichiarare a tuo figlio “Sei troppo arrabbiato, parleremo quando ti sarai calmato”.
Gestire efficacemente queste situazioni ad alto contenuto emotivo ti conferisce autorevolezza e insegna a tuo figlio il valore dell’autocontrollo.
Spero che questo articolo ti sia stato utile e se pensi possa essere di aiuto a qualcuno che conosci ti chiedo di condividerlo.
Se hai bisogno di un supporto per gestire il rapporto con tuo figlio preadolescente chiamami e sarò felice di lavorare con te su questo.
PER APPROFONDIRE
Pellai A., Tamborini B., (2017) L’età dello Tsunami, Milano, DeAgostini.
Ciacci S., Giannini S., (2007) Accompagnare gli adolescenti, Trento, Erickson
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